Un amico avvocato, quando lavoravo con lui, mi diceva spesso che mi appassionavo troppo alla lettera delle norme. Che mi piaceva proprio star lì a sezionare articoli e commi e a ragionare di parole e virgole.
Mi diceva però che erano importanti anche altri aspetti: la ratio, l'impianto normativo, la giurisprudenza, la dottrina, le direttive comunitarie, financo (beh, “financo” piace a me, lui non l’usava) la prassi amministrativa (anche se poi mi ricordava sempre che le circolari i giudici le utilizzano in una specifica stanza di casa loro) e pure le cavallette (beh, queste non le diceva).
Vabbè, ci ho provato anche questa volta a sezionar articoli e commi.
Ne è uscita questa tabella:
| Causalone | Durata max contratto | Durata max successione contratti | Limiti percentuali | Forma del contratto |
Decreto Legislativo n. 368 del 2011 (testo originale, no decreto Poletti) | È consentita l'apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro subordinato a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo. | Il termine del contratto a tempo determinato può essere, con il consenso del lavoratore, prorogato solo quando la durata iniziale del contratto sia inferiore a tre anni. Con esclusivo riferimento a tale ipotesi la durata complessiva del rapporto a termine non potrà essere superiore ai tre anni. | Non prevista | La individuazione di limiti quantitativi di utilizzazione dell'istituto del contratto a tempo determinato, è affidata ai contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi. | L'apposizione del termine è priva di effetto se non risulta, direttamente o indirettamente, da atto scritto nel quale sono specificate le ragioni. |
Codice dei contratti (jobs act, post decreto dignità e post decreto lavoro) | In assenza delle previsioni dei contratti collettivi, e comunque entro il 30 aprile 2024, per esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva individuate dalle parti. | Al contratto di lavoro subordinato può essere apposto un termine di durata non superiore a dodici mesi. Il contratto può avere una durata superiore, ma comunque non eccedente i ventiquattro mesi, solo in presenza di almeno una “causale”. | Fatte salve le diverse disposizioni dei contratti collettivi, la durata dei rapporti di lavoro a tempo determinato intercorsi tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore, per effetto di una successione di contratti, non può superare i ventiquattro mesi. Ai fini del computo di tale periodo si tiene altresì conto dei periodi di missione, svolti tra i medesimi soggetti, nell'ambito di somministrazioni di lavoro a tempo determinato. | Salvo diversa disposizione dei contratti collettivi non possono essere assunti lavoratori a tempo determinato in misura superiore al 20 per cento del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al 1° gennaio dell'anno di assunzione. | L'atto scritto contiene, in caso di rinnovo, la specificazione delle esigenze in base alle quali è stipulato; in caso di proroga dello stesso rapporto tale indicazione è necessaria solo quando il termine complessivo eccede i dodici mesi. |
Ecco, il causalone è scritto, nel 2001 e oggi nel 2023, in modo apparentemente uguale anche se con qualche differenza (cfr “individuate dalle parti”, cosa vorrà dire? Quale il ruolo pensato per il lavoratore, parte del contratto assieme al datore di lavoro?).
Ma gli altri aspetti? Le durate, i limiti percentuali, … potranno portare l’interprete a dire che i causaloni non sono tutti uguali? Perché, forse, come diceva il mio amico avvocato, oltre al dato letterale c’è di più (semicit.).
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