Il nostro diritto del lavoro non ha trovato pace neppure durante la Settimana Santa. Tema del contendere, l’accordo integrativo aziendale dei riders sottoscritto da Just Eat e le organizzazioni sindacali.
Ne hanno discusso, su Twitter, due dei massimi esperti di diritto del lavoro in Italia: l’avv. Giampiero Falasca (che, va detto, è anche parte in causa dell’accordo in qualità di legale dell’azienda) e il prof. Michele Tiraboschi. Il primo lo ha definito un accordo storico; il secondo – sintetizzo – un accordo in gran parte nullo perché sottoscritto fuori dalle regole dell’art. 8 (cioè, dico io, fuori dai mille arzigogoli dell’accordo di prossimità).
Ma ha detto la sua, in tono critico, anche il prof. Pietro Ichino che certo non ha bisogno qui di presentazioni.
Per quanto possa smuovere il dibattito (credo il giusto, cioè zero) io sono dell'idea che questo sia un accordo di grandissima importanza per il settore della gig economy (i famosi “lavoretti”). Basti dire, mi riferiscono fonti ben informate, che per capirlo sarebbe bastato vedere le facce dei riders dopo la firma: “molti di loro erano commossi”, mi han detto.
L’accordo riguarda oltre quattromila lavoratori.
Saranno tutti dipendenti (subordinati). Si applicherà loro il CCNL Logistica, Trasporti, Merci e Spedizione. È prevista una retribuzione oraria, pause, ferie, permessi, riposo settimanale, maggiorazioni e indennità aggiuntive; il TFR e la banca ore. Ma anche un rimborso chilometrico per chi usa mezzi propri e un premio di valorizzazione in base al numero di consegne. E poi norme a tutela della salute e sicurezza su lavoro, una assicurazione sulla vita e una di responsabilità civile.
A voler essere pignoli, qualche critica sugli articoli che trattano di salute e sicurezza (sorveglianza sanitaria e formazione) l’avrei pure io. Ma, cari tutti, spesso il meglio è nemico del bene. E la firma di ben sei organizzazioni sindacali (la triplice del comparto trasporti a cui si aggiungono le tre del lavoro flessibile che precario non mi piace) fa capire che regolarizzare nel (breve) tempo è meglio che lasciare tutto così com’è.
Ed è anche un accordo innovativo nella parte in cui “sdogana” e mette a sistema la geolocalizzazione per il tramite di Google Maps. Con buona pace del Garante della privacy (e di Waze).
Fulcro dell’accordo è certamente la regolamentazione dell’orario di lavoro part-time. Già, perché i riders non lavorano otto ore di fila in fabbrica, ma portano il cibo a casa o in ufficio. E, di regola, si mangia a pranzo e a cena, non tutto il dì (poi capita di ordinare anche il gelato dopo cena, ma vabbè).
E allora le Parti dell’accordo hanno dedicato al part-time molte disposizioni, prevedendo un sapiente incastro tra CCNL, accordo integrativo stesso e contratto individuale che grazie a turni di lavoro conosciuti con preavviso, desiderata dei riders e clausola elastica rispetta quanto consentito dalle norme di legge “ordinarie” senza dover scomodare (mio parere) le norme "in deroga" di cui all’art. 8.
Ora staremo a vedere se l’accordo farà da apripista ad altri simili o se continueremo ad avere in bicicletta e in scooter riders autonomi, riders parasubordinati e riders – come questi di Just Eat – subordinati.
Anche se credo, ormai, che la strada (su cui pedalano) sia tracciata.
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