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  • Andrea Morzenti

Assegno di ricollocazione, questo sconosciuto


L'assegno di ricollocazione è una mistura intensiva di politica attiva del lavoro. Spetta al disoccupato che percepisce la NASpI da almeno quattro mesi.

Cos'è, Per chi è. A cosa serve, A chi viene pagato, lo lasciamo dire a questa infografica dell'Anpal, l'Agenzia Nazionale Politiche Attive del Lavoro, istituita dal decreto legislativo n. 150/2015, uno dei decreti attuativi del Jobs Act (clicca qui per scaricarla).

 

Quest'anno, il 2017, è stato l'anno della sperimentazione.

Dice l'ANPAL, sul suo sito web: "In accordo con le Regioni e con l'obiettivo di verificarne le modalità gestionali e di valutarne l'efficacia, l'Assegno di ricollocazione parte con una prima fase di sperimentazione su un campione di circa 29 mila destinatari estratti in maniera casuale dallo stock di potenziali destinatari comunicati dall'Inps".

Ad oggi, possiamo però dire che l'assegno di ricollocazione non sta dando i risultati attesi. Una percentuale minima del campione lo ha richiesto e pesa come un macigno l'esito del referendum costituzionale del 4 dicembre 2016, che ha mantenuto le politiche del lavoro tra le competenze delle Regioni.

Ma certamente è anche un tema culturale se le politiche attive in Italia faticano enormemente a decollare.

Il Governo Gentiloni, con la legge di bilancio per il 2018, prova allora a cambiare rotta, spostando l'assegno di ricollocazione non solo nella fase che segue il licenziamento, non solo come misura individuale, ma anche come fase che precede il possibile licenziamento (dentro la procedura di integrazione salariale straordinaria, CIGS) e come misura (anche) collettiva. Si tratta certamente di un tentativo molto interessante e innovativo, da seguire con attenzione.

Ecco cosa prevede il disegno di legge:

  • se il lavoratore sceglie, volontariamente, l'assegno di ricollocazione "anticipato" entro 30 giorni dell'accordo di CIGS ha diritto all'assistenza intensiva nella ricerca di un nuovo posto di lavoro da parte di un Centro per l'Impiego o di un'Agenzia per il Lavoro;

  • in caso di assunzione, il lavoratore ha diritto i) a ricevere il 50% del trattamento di CIGS non goduto e ii) all'esenzione Irpef e Inps (per un massimo di 9 mensilità) per le somme ricevute dal datore di lavoro in sede di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro;

  • il datore di lavoro che assume a tempo indeterminato un lavoratore in CIGS che abbia aderito all'assegno di ricollocazione ha diritto ad una riduzione del 50% della contribuzione Inps per i primi 18 mesi nel limite di 4.030 euro annui (che si riducono a 12 mesi, nell'ipotesi di assunzione a tempo determinato).

Vedremo come la norma uscirà dell'esame parlamentare, certo è che così strutturata parrebbe essere di enorme interesse per tutte le parti direttamente coinvolte (lavoratore, azienda in CIGS, nuovo datore di lavoro), per i servizi per l'impiego (CpI e ApL) e per il nostro mercato del lavoro che abbisogna sempre di più di forme di politiche attive semplici e funzionanti.

Segnalo solo due aspetti di possibile criticità:

  1. rischio che la ricollocazione possa riguardare unicamente lavoratori in grado di trovare (anche) da soli nuova occupazione, i migliori insomma, che potrebbero "sfruttare" questa opportunità;

  2. impossibilità - credo - di applicare il concetto di "offerta congrua" che il lavoratore è tenuto ad accettare, visto che il lavoratore ha il rapporto di lavoro sospeso e non cessato.

Ma fa bene il Governo a provare questa nuova strada... Regioni permettendo.

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