Il Ministero ha collegato il lavoro
- Andrea Morzenti
- 28 mar
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 29 mar

Era da un po’ di tempo che il ministero del lavoro non pubblicava circolari esplicative omnibus su una intera legge o gran parte di essa. È avvenuto ieri sera con il collegato lavoro. Forse non ce n’era granché bisogno, ma va bene uguale. Abbiamo letto la circolare, in tarda serata.
Domanda preliminare: che valore ha un circolare ministeriale? La risposta, in poche parole: non ha forza di legge, un giudice la può disattendere essendo quest'ultimo – come noto – soggetto solo alla legge, vincola però gli organi ispettivi soggetti al potere gerarchico del ministero.
Resta comunque il fatto - indiscutibile - che ha un suo peso non di poco conto, vista l’autorevole provenienza.
Alcuni miei commenti, così un po’ a ruota libera, prima del weekend.
Fa piacere, innanzitutto, leggere che il ministero sposa l’interpretazione secondo cui il numero di giornate di assenza ingiustificata protratta già oggi previsto da quasi tutti i ccnl per i procedimenti disciplinari, non si applichi anche alla nuova fattispecie delle dimissioni per fatti concludenti (scrissi così anch’io, giorni fa, qui in questo piccolo blog). Le due fattispecie (licenziamento e dimissioni) – scrive il ministero – costituiscono infatti percorsi tra loro alternativi. Con buona pace di chi pensa e scrive sui giornaloni come se avesse sempre la verità in tasca.
Apprezzabile, e per me molto condivisile, il metodo di computo “di calendario” delle giornate di assenza. Non vanno infatti contestate, ma da esse va fatta discendere una presa d’atto della volontà del lavoratore di dimettersi in modo implicito, di regola dal sedicesimo giorno di assenza.
Ho trovato molto centrato il passaggio sulla nuova norma di interpretazione autentica in merito alle attività stagionali. Attenzione – è il parere del ministero – a scriverle in modo preciso e puntuale in modo che i contratti a termine stagionali non rispondano, invece, ad esigenze di carattere non provvisorio. Diversamente, avremmo una possibile violazione (e un contrasto con lo scopo) della direttiva comunitaria, così come interpretata dalla Corte di Giustizia della UE.
Sulla somministrazione di lavoro a tempo determinato (che ho lasciato volutamente alla fine).
Nella circolare troviamo, innanzitutto e semplicemente, una presa d’atto delle nuove ipotesi di esenzione dei limiti percentuali. Si conferma quello che dice il collegato lavoro: i) le esenzioni previste per i contratti a termine ora si applicano anche alla somministrazione a tempo determinato (direi, finalmente; inspiegabile prima non lo fossero) e ii) in caso di assunzione a tempo indeterminato, la somministrazione a tempo determinato non ha limiti di contingentamento.
Il ministero va via liscio, senza particolari esitazioni, anche sulla acausalità prevista in caso di impiego di lavoratori che versano in situazioni di debolezza (in particolare lavoratori svantaggiati come previsti da un regolamento UE). Non troviamo infatti nessun accenno a interpretazioni fantasiose sulla necessità di causale sul contratto commerciale o ad altre poco comprensibili prudenti accortezze. Bene così. Se qualcosa di chiaro c’è, lasciamo che sia chiaro.
Ultimo, ma non ultimo, il tema dei 24 mesi. Annoso tema, oggetto di nutrito dibattito in questi mesi tra gli addetti ai lavori. Il ministero del lavoro ne esce così:
visto che la norma che consentiva di proseguire oltre i 24 mesi (seppur con data ultima fissata al 30 giugno 2025) non c’è più
preso atto della recente giurisprudenza in tema di “ragionevole temporaneità” della somministrazione di lavoro (segnalo però che le sentenze citate nella circolare nulla hanno a che vedere con assunzioni a tempo indeterminato ma, al contrario, hanno riguardato assunzioni a termine reiterate per lungo periodo dando origine a una possibile elusione delle norme)
visto e preso atto, le somministrazioni a termine (anche) con lavoratori a tempo indeterminato non possono superare i 24 mesi, pena la costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato in capo all’utilizzatore (posizione diametralmente opposta a quella che lo stesso ministero espresse con circolare del 2018 e che, a onor del vero, non si ricava per nulla dall’attuale formulazione dell’art. 31 comma 1 del d.lgs. 81/2015, come invece riporta la circolare in commento)
Posizione questa molto netta e tranchant che personalmente fatico a comprendere appieno, dato che non valorizza in alcun modo le assunzioni a tempo indeterminato del somministratore (agenzia per il lavoro) che vengono così considerate di “serie b” e del tutto assimilabili ai contratti a termine. Ma qui mi fermo, che le riflessioni mi porterebbero troppo lontano.
Va però segnalato l’interessante, e credo inedito, metodo di calcolo proposto dal ministero per questi 24 mesi. Il conteggio – in sintesi e in forza del noto principio tempus regit actum – partirebbe dal 12 gennaio 2025, data di entrata in vigore del collegato lavoro abrogatore della precedente disciplina. Fin qui, seguo il ministero (se ho rispettato la legge all’epoca vigente, perché mai dovrei essere sanzionato?). È sul corollario di questo principio, secondo cui quello che fatto prima ed indipendentemente dalla durata (il ministero porta come esempio 30 mesi) non conta proprio nulla al punto che sarebbe possibile ripartire da zero per arrivare sino a nuovi 24 mesi, che ho qualche cedimento. Perché così (sempre nell’esempio del ministero potrei arrivare a 54 mesi) non comprendo il senso della citata seppur inconferente giurisprudenza in tema di ragionevole temporaneità.
Ma, come si dice dulcis in fundo, ai posteri l’ardua sentenza. Che su questo, a maggior ragione, nessuno può dire di avere la verità in tasca.
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