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Andrea Morzenti

Contratto arzigogolato. Non sbattiamo contro un muro


Si chiama “contrattazione collettiva di prossimità”. C’è chi lo chiama contratto in deroga, chi contratto ex art. 8, chi ancora contratto adattivo. A me piace chiamarlo contratto arzigogolato.

Non mi dilungo, tutti sappiamo di cosa si tratta. Due parole solo. Nasce nel 2011, ultimo atto del governo Berlusconi, quando decise di non decidere e su tutti i punti dolenti del nostro diritto del lavoro disse alle parti sociali “fate voi”. Nessuno in realtà fece nulla.

Poi su tutti i punti dolenti un successivo governo, quello di Matteo Renzi, intervenne in modo deciso. E un altro governo, quello attuale, fece su alcuni punti dolenti un passo indietro di qualche decennio. E fu allora, cioè ora, che il contratto arzigogolato, poco utilizzato, tornò in auge.

 

i) rappresentatività, ii) criterio maggioritario, iii) materie, iv) deroga a legge o contratti collettivi nazionali, v) rispetto di Costituzione, norme comunitarie e internazionali ma, soprattutto, vi) finalità. Eccoli gli arzigogoli entro cui dover stare per non andare a sbattere contro un muro, e farsi male.

Tribunale di Firenze, sentenza n. 528/2019. Qualcuno si è fatto male.

All'inizio sembrava di no. Il Giudice dr. Vincenzo Nuvoli scrive infatti che:

  1. è noto come sono i contratti collettivi a poter concretizzare il parametro costituzionale dell’equa retribuzione di cui all'art. 36 Cost. (e qui si potrebbe parlare di salario minimo, lo faremo un’altra volta) [rispetto della Costituzione, ok]

  2. il contratto di prossimità può ben intervenire sui livelli di inquadramento [deroga a contratto collettivo nazionale e materie, ok]

  3. la rappresentanza sindacale aziendale può essere costituita anche da una sola persona (e qui siamo in presenza di un contratto di prossimità stipulato dal solo r.s.a. Uil, unico presente in azienda) [rappresentatività e criterio maggioritario, ok]

ma poi arrivano le finalità, e non ci siamo.

Scrive il Giudice, rifacendosi all'orientamento interpretativo di Appello Firenze del 20 novembre 2017, che:

  1. in sede giudiziale non è stato possibile effettuare una valutazione di merito sulla corrispondenza tra deroga e finalità perseguite, in quanto

  2. le parti, all'interno del contratto di prossimità, non hanno indicato specificamente le ragioni di fatto che correlano le deroghe alle singole finalità.

In altri termini, non è sufficiente scrivere all'interno del contratto (torno a chiamarlo come piace a me) arzigogolato che la deroga al contratto collettivo nazionale o alla legge, nel caso specifico un sotto inquadramento, è finalizzata alla maggiore occupazione e all'avvio di una nuova attività. È invece necessario specificare le ragioni di fatto che, secondo le parti, collegano deroga e finalità, in modo da rendere possibile l’eventuale vaglio giudiziale.

Ad esempio, sostengono alcuni autori, formalizzando un prospetto finanziario se la finalità è un nuovo investimento oppure un piano industriale se la finalità è l’avvio di nuova attività.

Riportate così le finalità, in modo specifico e non generico con un mero e semplice copia/incolla di finalità previste dalla norma, il Giudice potrà valutare se vi sia o meno una corrispondenza con la deroga pattuita.

A me questa sentenza, una delle poche a quanto mi risulta sul tema, ha fatto tornare alla mente il filone giurisprudenziale della causale sui contratti a tempo determinato. Quel filone che iniziava con: “il datore di lavoro ha l’onere di specificare a monte e di dimostrare a valle”. Ecco, spero di sbagliarmi.

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