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  • Andrea Morzenti

Il Parlamento interpreta il Governo. E la dignità va al mare piena di dubbi


Martedì 7 agosto 2018 il Senato ha approvato in via definitiva la Legge di conversione del Decreto Legge n. 87/2018, il cd Decreto Dignità. Neppure un mese di dibattito parlamentare (al Senato pochi giorni) e il primo vero atto del Governo gialloverde di Giuseppe Conte Di Maio Salvini è Legge. Come dire: il mare non poteva certo aspettare, si doveva fare di fretta.

Attendiamo la promulgazione del Capo dello Stato e la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, così che dal giorno successivo la Legge sarà pienamente in vigore.

Sul versante lavoro, quali sono le principali novità rispetto al testo del Decreto Legge originario (che, fino all’entrata in vigore della Legge di conversione, ricordiamo, continua a produrre effetti)?

E quali i dubbi interpretativi ancora da sciogliere?

Rimandando a questo mio precedente post Tornano le causali, varie ed eventuali. Buonanotte Italia, buonanotte lavoro per le principali disposizioni introdotte dal Decreto, vediamo qui le novità, introdotte dalla Legge di conversione, in tema di contratto a tempo determinato e di somministrazione di lavoro [che su i) esonero contributivo per i giovani (una estensione di due anni della misura del Governo Gentiloni: ma gli esoneri, soprattutto se non strutturali, prima di andare al Governo, non erano mance da combattere?), ii) offerta conciliativa del contratto a tutele crescenti (criticata e definita un “ricatto” prima di andare al governo e ora invece solo rimodulata) e iii) “simil voucher” (la massima precarietà prima di andare al governo e ora invece estesi) magari ci torno un’altra volta…].

 

CONTRATTO DI LAVORO A TEMPO DETERMINATO (art. 1 del Decreto)

Pochissime novità, due in particolare.

La prima precisa che in assenza di causale (ovviamente quando è richiesta) il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato. Nessuno stravolgimento direi. I giudici del lavoro, diciamo, ci sarebbero arrivati da soli. Ma così, ogni dubbio dell’interprete è fugato.

La seconda novità, invece è molto più rilevante. Si introduce infatti, su richiesta del mondo imprenditoriale - da quanto si legge - veicolata tramite la Lega, un regime transitorio.

Copio/incollo il testo di legge, per non sbagliare, e poi ci torno su: “Le disposizioni di cui al comma 1 [tutte quante direi, ad esclusione del costo contributivo aggiuntivo dello 0,5% per ogni rinnovo che, in sede di prima applicazione, come direbbero quelli che parlano bene, sembrerebbe applicarsi senza alcun regime transitorio] si applicano ai contratti di lavoro a tempo determinato stipulati successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto, nonché ai rinnovi e alle proroghe contrattuali successivi al 31 ottobre 2018”. [DL n. 87/2017, convertito in legge, art. 1, comma 2]

Il Decreto originario prevede(va), al posto della modifica in grassetto, le parole “dei contratti in corso alla medesima data”.

SOMMINISTRAZIONE DI LAVORO (art. 2 del Decreto)

Qui, direi, quattro novità.

La prima introduce, per la prima volta da che esiste in Italia (dal 1997) il lavoro tramite Agenzia - interinale, temporaneo, in somministrazione, come preferite - un limite, di legge, quantitativo.

La somministrazione a tempo determinato, da sola o in sommatoria con il contratto a tempo determinato (per cui rimane comunque fermo il limite di legge del 20%, derogabile dai contratti collettivi), non potrà superare il 30% dei lavoratori assunti a tempo indeterminato dall'utilizzatore. Resta ferma, anche per questo nuovo limite, la derogabilità da parte dei contratti collettivi (di ogni livello) e l’esenzione dei lavoratori svantaggiati (così come il contratto a tempo determinato mantiene le proprie ipotesi di esenzione, stagionalità e sostituzione in primis). In altre parole (fatte salve tutte le ipotesi di esenzione sopra descritte) un’azienda avrà a disposizione un plafond del 30% massimo di flessibilità, con un sottolimite del 20% per il solo contratto a tempo determinato.

Per inciso - non è toccato dal Decreto - a questo 30% potrà ancora essere aggiunto il 20% di somministrazione a tempo indeterminato (o altra percentuale disposta dai contratti collettivi).

La seconda novità reintroduce, per le assunzioni a tempo determinato a scopo di somministrazione, l’esclusione del cd “stop&go” (l’intervallo di 10/20 giorni tra un contratto e il suo successivo rinnovo), che il Decreto non aveva più previsto.

Lo “stop&go” insomma, possiamo dire, per la somministrazione è durato il tempo di una conversione in legge di un decreto legge, per di più rapida in quanto estiva. A conferma che lo “stop&go” è una misura insensata e priva di logica per la somministrazione, in quanto avrebbe (anzi “ha”, per il tempo della conversione) costretto i lavoratori a non poter lavorare e, quindi, a non percepire reddito, tra una assegnazione ad es. a favore dell’utilizzatore A e una successiva a favore dell’utilizzatore B. Anzi, addirittura, da B, magari, mai avrebbero potuto lavorare perché B non poteva aspettare e avrebbe così richiesto un altro lavoratore.

La terza novità riguarda la reintroduzione del reato di somministrazione fraudolenta. Quando, cioè, la somministrazione è posta in essere con la specifica finalità di eludere norme inderogabili di legge o di contratto collettivo applicate al lavoratore, il somministratore e l’utilizzatore sono punti con la pena dell’ammenda di 20 euro per ciascun lavoratore coinvolto e per ciascun giorno di somministrazione. Non una vera e propria novità, a dire il vero. Il reato di somministrazione fraudolenta c’era anche prima, poi il Jobs Act in un momento di “abrogazione compulsiva” l'aveva eliminato. Continueremo ad interrogarci sulla sua utilità, ma va bene così.

Quarta e ultima novità.

Anche qui copio/incollo il testo di legge, per non sbagliare, e poi ci torno su: “Le condizioni di cui all'articolo 19, comma 1, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, come sostituito dall'articolo 1, comma 1, lettera a), del presente decreto, nel caso di ricorso al contratto di somministrazione di lavoro, si applicano esclusivamente all'utilizzatore”. [DL n. 87/2017, convertito in legge, art. 2, comma 1-ter]

Allora, torniamoci su i) regime transitorio e ii) condizioni esclusivamente sull'utilizzatore. Perché, a mio parere, sono disposizioni di impatto con nodi interpretativi non di poco conto.

Sul REGIME TRANSITORIO

Innanzitutto, questo non è un dubbio ma una certezza, il regime transitorio si applica (solo) dal giorno successivo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della Legge di conversione. Prima di tale data, in sostanza, nessun regime transitorio.

Cosa prevede? Le novità sul contratto a tempo determinato (causale, durate 12/24 mesi, numero di proroghe, nuovo termine di decadenza) si applicano:

A) ai contratti stipulati dal 14 luglio 2018

nonché

B) ai rinnovi e alle proroghe dal 1 novembre 2018.

Quindi, sicuramente, le nuove regole si applicano:

  1. a tutti i contratti “post Decreto”;

  2. a tutti i contratti “ante Decreto”, ma solo se (e da quando) rinnovati o prorogati dal 1 novembre 2018.

Ai contratti “ante Decreto” si applicheranno, pertanto, ancora le vecchie regole, sino alla loro scadenza, ma anche se prorogati o rinnovati entro il 31 ottobre 2018.

Il dubbio, a mio parere, riguarda i contratti “post Decreto” quando prorogati o rinnovati entro il 31 ottobre 2018. Questi contratti restano interamente (proroghe e rinnovi compresi) attratti dalla lettera A), oppure le loro proroghe e i loro rinnovi (solo entro il 31 ottobre 2018) sono attratti dalla lettera B)? Nel primo caso, (anche) a tutte le proroghe e rinnovi, indipendentemente dal quando, si applicherebbero le nuove regole. Nel secondo caso, alle proroghe e rinnovi entro il 31 ottobre 2018 si applicherebbero (ancora) le vecchie regole.

Capite che non è una questione di poco conto perché consentirebbe o meno di continuare ad applicare le vecchie regole (soprattutto “no causale”, 5 proroghe e durata di 36 mesi) anche a contratti “post Decreto”, nella loro fase di proroga o rinnovo se intervenuti tra la data di entrata in vigore della Legge di conversione e il 31 ottobre 2018.

Molto (forse tutto) dipende dal significato che sarà dato al termine “nonché”. Se significa “e, inoltre, l'interpretazione, a mio parere anche più in linea con la ratio della norma, potrebbe essere che:

ferma restando interamente la A), si aggiunge la B), senza nulla togliere alla A)

Vedremo.

Sulle CONDIZIONI ESCLUSIVAMENTE SULL'UTILIZZATORE

Innanzitutto, siamo in presenza di una “interpretazione autentica” o, meglio, del Parlamento che interpreta il Governo. La norma “di base” resta tale e quale per tutti i contratti a tempo determinato ma, per quelli a scopo di somministrazione, la si interpreta, la si spiega, provando – seppure con molti limiti – a darle un senso logico. Questa interpretazione non la troveremo nel testo del Decreto Legislativo n. 81/2015 come modificato dal Decreto, ma resterà all'interno del Decreto convertito in legge, creando certamente qualche ulteriore difficoltà a chi dovrà applicare le nuove norme.

Cosa prevede? Che le “condizioni” del nuovo comma 1 dell’art. 19 del dlgs n. 81/2015, in caso di somministrazione, si applicano esclusivamente all'utilizzatore.

Ma cosa significa?

E qui, iniziano i dubbi. Innanzitutto, perché - tanto per complicare - il comma citato contiene proprio la parola “condizioni”. E tali “condizioni” citate sono le causali. Quindi, sicuramente, le causali non saranno più di pertinenza del somministratore (all'interno della cui organizzazione sono state per il solo tempo strettamente necessario alla conversione in legge del Decreto) ma, anche in caso di somministrazione, saranno di esclusiva pertinenza dell’utilizzatore, come in caso di assunzione diretta.

Ma le “condizioni” sono solo le causali o anche altro?

Ad esempio, è “condizione” anche la situazione che fa “nascere” la causale? Perché, se così fosse – e la parola “esclusivamente” potrebbe far propendere per tale ricostruzione – tale situazione sarebbe sempre sull'utilizzatore e mai sul somministratore. Quindi, se il somministratore, dopo una prima somministrazione, assegna lo stesso lavoratore a un diverso utilizzatore, la causale non andrebbe apposta anche se, tecnicamente, si tratterebbe di un rinnovo. E, per lo stesso motivo, il datore di lavoro che effettua una prima assunzione senza causale (primo contratto entro i 12 mesi) e poi chiede al somministratore di assumere e somministrargli lo stesso lavoratore, tale datore, divenuto utilizzatore, potrebbe essere tenuto a comunicare al somministratore una causale, anche se per il somministratore saremmo in presenza di una prima assunzione (con contratto entro i 12 mesi).

E, da ultimo, ma non ultimo, c’è il tema del contenzioso. Cosa intendo? La causale, quando richiesta, deve essere specificata sul contratto di lavoro (o sulla proroga). E il contratto di lavoro e la sua proroga sono, ovviamente, stipulati da somministratore e lavoratore. In assenza di causale, il lavoratore a chi potrà chiedere la trasformazione del contratto a tempo indeterminato? Al somministratore, suo datore di lavoro, oppure all'utilizzatore nei cui confronti “esclusivamente” si applicano le nuove “condizioni”?

Ai posteri, ai giudici del lavoro, come sempre, le ardue sentenze. Ma non parlatemi di dignità.

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