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  • Andrea Morzenti

Presi per il cuneo


Cuneo, Corso Nizza

Siamo alle solite. Lo dicono tutti, non lo fa (quasi) nessuno. Va maledettamente ridotto il cuneo fiscale/contributivo sul lavoro, cioè la differenza tra i) il costo lordo del lavoro pagato dal datore di lavoro e ii) lo stipendio netto in busta paga dei lavoratori. In altri termini, le tasse e i contributi.

Lo fece Renzi coi i famosi 80 euro, fu accusato nell'ordine di i) è solo una mancia elettorale ii) non ci sono le coperture iii) è una misura temporanea e non strutturale iv) non è riduzione del cuneo perché non agisce sulle detrazioni fiscali. Poi alla fine la misura divenne strutturale e con le sue coperture tutte belle e apposto.

 

Ora ci riprova il Governo Conte 2, il governo giallorosè, con la legge di bilancio 2020. Si stanziano 3 miliardi di euro per il 2020 (da luglio eh, che a gennaio non si è mica pronti) e 5 miliardi per il 2021. Considerando che gli 80 euro costano circa 10 miliardi all'anno, fate un po’ voi i conti. Ma, come dicono a Milano, piutost che nient l’è mei piutost.

Come funzionerà questa ambiziosa (sic!) riduzione del cuneo ancora non si sa, visto che la legge di bilancio ne demanda l’attuazione ad “appositi provvedimenti normativi”. Quale tipologia di provvedimenti e con quali contenuti non è dato sapersi. E di certo non riporto qui ciò scrivono i giornali in questi giorni che, come al solito, siamo solo all'inizio del contendere tra le varie anime del governo e il (ritornato) necessario avallo delle parti sociali.

Su un punto però la decisione è presa, I buoni pasto. Anzi due, pure le auto aziendali ma il discorso si farebbe lungo.

Buoni pasto dicevo. Ricordate quelli per cui fu accusato Renzi (sempre lui, pare le abbia addosso tutte) di volerne limitare l’utilizzo? Non più di uno al giorno, decise Renzi (questa la vulgata di allora). Se non fosse che è sempre stato così, solo che Renzi con l'introduzione dei buoni pasto elettronici ne garantì tranciabilità e controllo. E due o più buoni pasto al giorno, con il formato elettronico, non si poterono più utilizzare.

Ma poi intervenne un Decreto del Ministro Calenda che definì in otto il numero massimo di buoni pasto al dì. Perché poi 8 (otto), non si è mai capito. Alcuni sostengono sia un numero tirato a caso, come le malelingue dicono del 3%, rapporto deficit/PIL, di Maastricht.

Altri invece dicono che se inviti a pranzo una collega, e paghi tu per tutti e due, non dovresti arrivare a spendere più di otto buoni pasto, quindi ok. Se invece i buoni pasto li usi la sera per una cena galante, ecco che otto buoni pasto non bastano e, visto che non è elegante, Calenda ne ha bloccato l’utilizzo.

Questa seconda tesi trovò conforto, una sera, su Twitter quando Calenda sbottò: basta Twitter per oggi, “porto fuori mia moglie a cena”. Frase galante e da cavaliere era convinto Calenda (e non solo lui), ma criticata ferocemente da Barbara Collevecchio (in Twitter @colvieux) che gli rispose che le donne sono mica come i cani che “si portano fuori”. Fatto sta, che otto buoni pasto furono e otto sono tuttora.

Ah, ma quale decisione è stata presa sui buoni pasto e cosa c’entra col cuneo fiscale/contributivo?

Ecco qui: la legge di bilancio 2020 ne ha ridotto, per i soli buoni pasto cartacei, il limite economico giornaliero per cui sono "esentutto" (tasse e contributi). Fino al 2019 il limite era 5,29 euro, dal 2020 è 4 euro. Quindi, per semplificare prendendo ad esempio un buono pasto da 5,29 euro, su quel 1,29 euro di differenza il lavoratore e il datore di lavoro ci pagheranno le loro tasse e i loro contributi che prima non pagavano.

E non ditemi che, però, il limite esentutto per i buoni pasto elettronici viene innalzato da 7 a 8 euro (ok, bene) perché a me pare comunque che ci abbiano "presi per il cuneo" (cit. il Manifesto 2008, Governo Prodi, aumento di 0,30%, da 8,89% a 9,19%, dei contributi carico lavoratore).

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