Ma è così vero che la recente norma sugli appalti (contenuta nel decreto legge n. 19/2024) non ha introdotto una parità di trattamento tra “insider ed esterni cioè tra lavoratori in forza e lavoratori esterni” che continua a riguardare solo la somministrazione di lavoro (cfr. fra tutti Pietro Gremigni in “Esternalizzazioni: limiti e tutele civilistiche”, su Guida al Lavoro n. 34/2024)?
Sì, certo, formalmente lo è. È vero, nessuna parità di trattamento.
Però, pensiamo ad esempio ad una impresa metalmeccanica che decide dare in appalto quello che in gergo si chiama il “fine linea”. L’impresa - il committente - produce chiavi inglesi e la ditta esterna - l’appaltatore - “con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio” (questa non è mia, ma del codice civile) assume il compimento della sbavatura finale delle chiavi inglesi verso un corrispettivo in denaro (anche qui mi ha aiutato il codice civile).
Ecco, al personale della ditta esterna impiegato in quell'appalto, lo prevede ora espressamente il decreto legge n. 19/2024, spetta un trattamento tanto economico quanto normativo che non può essere inferiore a quello previsto dal contratto collettivo applicato nel settore strettamente connesso con l’attività oggetto dell’appalto.
E se l’oggetto dell’appalto è la sbavatura delle chiavi inglesi, quel fine linea all'interno dell’impresa metalmeccanica, quale mai potrà essere il contratto collettivo a quell'oggetto dell’appalto strettamente connesso, se non il contratto della metalmeccanica?
E, se così, l’appaltatore dovrà garantire al personale di quell'appalto la retribuzione (semplifico) prevista dal contratto collettivo della metalmeccanica. E, se così due, il suo personale avrà diritto alla parità di trattamento coi lavoratori del committente.
Un po’ tortuoso, mi rendo conto e mi scuso, ma quello che sto provando a dire è che in appalti che riguardano attività che il committente può svolgere autonomamente la parità di trattamento non prevista espressamente dalla norma parrebbe comunque esserne una diretta conseguenza. O, almeno, a me così pare.
Discorso completamente diverso, a mero titolo esemplificativo e non esaustivo, per:
le costruzioni edilizie all'interno dello stabilimento del committente
l’installazione e montaggio di macchinari
la manutenzione straordinaria
gli appalti che si riferiscono a particolari attività produttive richiedenti l’impiego di personale diverso per specializzazione da quello normalmente impiegato dal committente
i trasporti esterni da e per lo stabilimento
le prestazioni saltuarie ed occasionali di breve durata non ricorrenti abitualmente nel ciclo produttivo
gli appalti per i lavori di pulizia
...
Perché, per tutte le attività sopra riportate se eseguite in appalto, sembra chiaro che nessuna parità di trattamento coi dipendenti del committente sia applicabile di default, dato che l'oggetto dell'appalto non coincide con l'oggetto dell'attività del committente.
Ops, ma non è che siamo tornati - certo coi necessari aggiornamenti legati ai tempi moderni - a quanto prevedeva la legge n. 1369 del 1960, legge da cui l’elenco delle attività sopra è liberamente tratto?
Non lo escludo (cit.).
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