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Andrea Morzenti

Stato working di emergenza



È andata più o meno così. Il Consiglio dei ministri, il 31 gennaio 2020, con una propria Delibera dichiara lo “stato di emergenza in conseguenza del rischio sanitario connesso all'insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili”. Firma il Presidente del Consiglio dei ministri, Conte. Durata sei mesi, scadenza quindi il 31 luglio 2020.

[poi il governo non fa nulla, ma questo discorso ci porterebbe lontano, troppo lontano. Come i ragazzi di oggi]

Subito dopo i primi casi di Codogno, arriva il primo Decreto Legge (sbagliato, a detta di molti incostituzionale, quindi abrogato da uno successivo un filo più in sagoma) e da lì a poche ore, senza nessun coinvolgimento del Parlamento, va in scena il primo di una lunga serie di Dpcm (gli ormai mitici decreti di Conte, annunciati con le parole di Casalino nelle varie Facebook live delle ore 2020).

 

Questo venerdì, Conte ha dichiarato che lo stato di emergenza sarà prorogato fino al 31 dicembre 2020.


Ora, a parte il fatto che solo in pochi (di certo non io) sanno con esattezza cosa derivi dalla dichiarazione di uno stato di emergenza (io ho solo capito che con i Decreti Legge e i Dpcm che hanno limitato le nostre libertà fondamentali non c'entrano nulla, mentre c'entrano con i denari più semplici alla Protezione Civile) io credo che sia doveroso che il nostro Paese si doti del giusto strumento giuridico per non farsi trovare impreparato nel caso dovesse ripresentarsi in autunno “l’agente virale trasmissibile”. E, di conseguenza, trovo un po’ fuori luogo, le molte levate di scudi di queste ore contro la dichiarazione di Conte.


Certo, forse molti commentatori e molti cittadini (tra cui il sottoscritto) sono rimasti scottati da come – dal punto di vista giuridico – è stato gestito il periodo coincidente con lo stato di emergenza. Tutto nelle mani del Presidente del Consiglio dei ministri, senza alcun controllo del Parlamento. Il punto, allora, a mio parere dovrebbe essere questo: bene la proroga dello stato di emergenza, ma con una contestuale doverosa parlamentarizzazione. Come? Il governo, innanzitutto, chieda e ottenga un voto delle Camere sula proroga dello stato di emergenza. Poi, provveda subito con un Decreto Legge che potrà quindi essere convertito in Legge, con eventuali modificazioni, dal Parlamento (una Legge ordinaria, credo, i tempi non lo consentano ma certo sarebbe ancora meglio) con cui le Istituzioni fissino regole chiare in base alle quali i testi dei Dpcm, assieme a quelli con le motivazioni del Comitato tecnico-scientifico poste alla loro base, vengano prima della loro adozione esaminati dal Parlamento in tempi rapidi.

Poi, se lo stato di emergenza non dovesse servire, meglio. Ma se, sciaguratamente, dovesse invece essere necessario saremo pronti ad intervenire nel rispetto delle regole democratiche.

E lo smart working? Beh dai, si sa che nel periodo Covid-19 non manca mai. Ne parlano anche i sassi, oramai. Che c’entra con lo stato di emergenza? C’entra, visto che nella sua forma semplificata è ammesso solo sino al termine dello stato di emergenza, che se prorogato…


Ma, mi chiedo, per semplificare lo smart working serve per forza uno stato di emergenza o magari, che ne so speriamo di no, una guerra? Non basterebbe farlo, invece di dichiarare di volerlo fare e di procrastinare anche questa decisione (mi riferisco naturalmente al settore privato, il pubblico – guarda caso – è già stato sistemato con la conversione del decreto Rilancio)?


Come: i) via i necessari requisiti di forma dell’accordo individuale e la sua comunicazione agli Enti (può bastare una semplice comunicazione all’Inail della data inizio/fine in modo da garantire la copertura in caso di infortunio) ii) l’accordo individuale, non collettivo che rimane magari auspicato ma solo facoltativo, ne resta il perno (nessun diritto del lavoratore, ma anche nessuna imposizione del datore di lavoro) coi contenuti di oggi ma in forma libera iii) l'obbligo di l’informativa sulla salute e sicurezza per i rischi derivanti dall'attività lavorativa svolta al di fuori dei locali aziendali può essere assolto mediante un link a quella resa disponibile e mantenuta aggiornata dall’Inail (che, dai, i rischi quelli sono se lavori con un pc da casa). Ma non è quello che, più o meno, stiamo facendo oggi? Sì, in effetti. E, per questo, bisogna necessariamente aspettare la proroga dello stato di emergenza?


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