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  • Andrea Morzenti

Cambia un comma, e casca l'asino


C’è da rinnovare il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro per il settore “cemento, calce e suoi derivati”.

Che poi, già il fatto che ci sia un contratto collettivo specifico per questo settore sarebbe sufficientemente un tema di discussione, anche se il punto più alto lo si raggiunge con i CCNL per i settori “budella e trippa” (oggi “involucri naturali per salumi”) e “ombrelli e ombrelloni”. Ma vabbè.

Il decreto cosiddetto dignità, lo diciamo da tempo, sta creando numerosi problemi e difficoltà. E allora, perché non cogliere l’occasione del Rinnovo del CCNL per provare a porvi rimedio?

 

Ecco come, secondo me, potrebbe essere andata:

DATORI di LAVORO. Il limite di 24 mesi di durata ci ingessa (mai termine fu più appropriato, ndr). Semplicemente chiediamo di riportarlo a 36 mesi, com'era prima. Nulla di trascendentale, dai.

SINDACATI. Ok, sì ragionevole. Ma c’è volontà di stabilizzare quei rapporti di lavoro a termine? Perché per noi è importante, su questo non possiamo arretrare di un millimetro.

DATORI. Certo, piena e massima disponibilità su questo punto. Ci mancherebbe.

SINDACATI. Bene, allora facciamo così: ripristiniamo i 36 mesi, in deroga alla legge, ma a condizione che siano stati trasformati a tempo indeterminato il 50% dei lavoratori a tempo determinato negli ultimi 36 mesi nell’unità produttiva interessata (un po’ contorto, deroga non è esattamente il termine corretto, ma si capisce dai, ndr). Che dite?

DATORI. Ok, per noi sta bene.

DATORI. [dopo un attimo di riflessione] E, ma noi come ci arriviamo a 36 mesi? Che già, dice il decreto cosiddetto dignità, superati i 12 di mesi tocca mettere una causale! Una di quelle tre là, a detta di tutti impraticabili (i tre segreti di Fatima, ndr). Perché non ne aggiungiamo qualcun’altra, davvero utilizzabile, che meglio si attanaglia alle nostre esigenze? Fermo restando quanto già deciso intendiamo, cioè l’impegno a stabilizzare il 50%.

SINDACATI. D’accordo. Altrimenti la durata dei 36 mesi e soprattutto la stabilizzazione rischiano di essere solo bei propositi e di restare sulla carta assieme alle nostre firme.

DATORI. Bene, faremmo: i) per punte di più intensa attività dovute a particolari richieste di mercato, anche stagionali, o per particolari commesse ii) per fasi di avvio di nuove attività, intendendo per tali anche l’avvio di nuovi impianti e/o nuove linee/sistemi di produzione definite e predeterminate nel tempo (ma scriverle più semplici no? Mannaggia, ndr). Che dite?

SINDACATI. Urca, però, vi siete allargati eh? Va bene, dai. Ma a una condizione: che non possono essere contemporaneamente assunti con contratto di lavoro a tempo determinato e con contratto in somministrazione il 20% del numero dei lavoratori occupati a tempo indeterminato nell'unità produttiva. Che il 30% di legge è troppo alto. Ah, e precisiamo che per contratto di somministrazione si intende sia a tempo determinato che a tempo indeterminato. Che a noi, lo sapete, lo staff leasing non ci è mai piaciuto e il 20% in più, di legge, non ci sta bene.

DATORI. Condizione onerosa, ci pare. Ma ok, altrimenti ci resta quel limite di 12 mesi che ci penalizza fortemente. Ok, firmiamo.

SINDACATI. Firmiamo.

Tante le “deroghe” alla legge, meglio tante “le diverse disposizioni”, in questo Rinnovo del CCNL Cemento. Ma sono tutte davvero ammesse dalla legge?

Vediamole:

  1. durata massima della successione dei contratti a termine, che il rinnovo del CCNL porta da 24 a 36 mesi (con la condizione della stabilizzazione del 50%). Lo consente l’art. 19 comma 2, del dlgs n. 81/2015. Lo possono fare i contratti collettivi di ogni livello: nazionali, territoriali o aziendali, come prevede l’art. 51 dello stesso decreto.

  2. limiti percentuali del contratto a tempo determinato e del contratto di somministrazione di lavoro (a tempo indeterminato e determinato), che il rinnovo del CCNL fissa in un unico limite omnicomprensivo del 20%. Consentito dagli articoli 23 comma 1, 31 commi 1 e 2 del dlgs n. 81/2015. E, sempre, art. 51.

  3. aggiunta di causali, rispetto a quelle di legge. E qui, come si suol dire, temo caschi l’asino. Perché la legge, cioè l’art. 19 comma 1, del dlgs n. 81/2015 come interamente riscritto dal decreto cosiddetto dignità, non apre per nulla alla contrattazione collettiva. Introduce tre causali (i tre segreti di Fatima), e quelle sono. Punto. L’unica possibilità di derogare - o di adattare come dicono alcuni commentatori - le causali aggiungendone o anche rimuovendole, è per il tramite degli accordi di prossimità introdotti dall’art. 8 del DL n. 138/2011 (mod. Legge n. 148/2011). Ma, finalità e rappresentatività permettendo (chi mi legge, lo sa, lo chiamo il contratto arzigogolato), lo possono fare solo i contratti aziendali e territoriali (prossimi, cioè vicini alle realtà aziendali, appunto) e non certo i nazionali.

Ecco quindi. Se fossi il direttore del personale, o Human Resources Director che dir si voglia, di un’impresa che applica il CCNL per il settore “cemento, calce e suoi derivati” ci penserei due volte, anche tre, prima di utilizzare le nuove causali aggiunte dal Rinnovo. E poi, non le utilizzerei.

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