L’abbiamo sostenuto in molti, mi ci metto pure io col mio "Curare tutti". Il DL Cura Italia si pone l’obiettivo di garantire continuità occupazionale e reddituale a chiunque.
Le aziende sospendono o riducono la loro attività non per cause endogene ma per decisioni del governo o, comunque, per motivazioni esterne che non dipendono da loro. Date queste premesse, in questo momento storico, l’interprete deve leggere le regole del diritto del lavoro in un’ottica diversa, quella – appunto – del Cura Italia. E questo deve valere nei confronti di tutti, anche chi viene spesso dimenticato o trascurato dalla politica. Deve valere anche nei confronti di chi ha un contratto a temine che sta per scadere o è già scaduto.
Giovedì 9 aprile 2020 il Senato ha approvato, in prima lettura, la legge di conversione del DL Cura Italia (ora il testo passa alla Camera per l’approvazione definitiva).
A pagina 18 si legge:
Dopo l’articolo 19 è inserito il seguente:
«Art. 19-bis. – (Norma di interpretazione autentica in materia di accesso agli ammortizzatori sociali e rinnovo dei contratti a termine) –
1. Considerata l’emergenza epidemiologica da COVID-19, ai datori di lavoro che accedono agli ammortizzatori sociali di cui agli articoli da 19 a 22 del presente decreto, nei termini ivi indicati, è consentita la possibilità, in deroga alle previsioni di cui agli articoli 20, comma 1, lettera c), 21, comma 2, e 32, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, di procedere, nel medesimo periodo, al rinnovo o alla proroga dei contratti a tempo determinato, anche a scopo di somministrazione».
È stato quindi il Governo a far propria questa interpretazione del suo Decreto Legge. L’ha scritta nel suo maxiemendamento (che recepisce l’esito dei lavori della Commissione Bilancio) con cui ha chiesto e ottenuto la fiducia del Senato.
Non una nuova e diversa norma rispetto a quanto contenuto nel decreto legge, ma una norma di interpretazione autentica (da parte, cioè, dell'autore della norma) di una disposizione già in vigore dal 17 marzo 2020.
Insomma, cari interpreti, cari tutti, la norma si legge così: “i contratti di lavoro e di somministrazione a termine si possono legittimamente prorogare e rinnovare da parte di datori di lavoro e utilizzatori che accedono agli ammortizzatori sociali COVID-19. Punto, fine della discussione”.
Questo significa, innanzitutto, la cristallizzazione della regola secondo cui non solo la stipula ma anche le proroghe e i rinnovi di contratti di lavoro e di somministrazione a termine sono vietati in aziende che hanno in essere una sospensione del lavoro o una riduzione dell’orario in regime di cassa integrazione guadagni (stesse mansioni e stessa unità produttiva). Ragionando diversamente, non ci sarebbe stato bisogno di questa norma di interpretazione autentica.
Ma questa regola di divieto, per proroghe e rinnovi, oggi cede il passo ad una interpretazione opposta valida per e solo per l’ammortizzatore sociale COVID-19. E ora non lo diciamo più soltanto in molti ma lo dice soprattutto, ed è quel che vale, chi ha approvato la norma. I divieti generali restano, ma qui non si applicano. La ratio della norma, “curare tutti”, prevale sulla lettera. Le norme preesistenti, per questo periodo di grave emergenza sanitaria, vanno lette con le lenti del Cura Italia.
Prendiamoci allora questa eccezione alla regola, sperando di tornare quanto prima alla regola senza eccezione. Ma questo è tutto un altro discorso.
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