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  • Andrea Morzenti

Allineamenti



Mai come ora, credo, sì è assistito ad un allineamento così forte tra popolo e Istituzioni.


L’oltre 70% del Sì al referendum costituzionale di domenica e lunedì scorsi ha confermato la legge costituzionale di riduzione del numero dei parlamentari votata a stragrande maggioranza, quasi unanimità, in quarta e ultima lettura della Camera. Il popolo quindi è allineato al Parlamento. Ma il voto era anche un voto sul Governo Conte e quindi un allineamento c’è anche con l’Esecutivo e con la sua gestione dell’emergenza sanitaria. Tutto ok quindi tra popolo e Istituzioni nazionali.


Ma l’allineamento è proseguito anche su base regionale, con la conferma di Zaia, De Luca, Emiliano, Toti. Un pressoché totale allineamento (per Zaia quasi un plebiscito, per Emiliano farcito di logiche clientelari viste le assunzioni fatte a ridosso della data delle elezioni) alle decisioni prese dai governatori regionali in merito, anche qui, alla gestione dell’emergenza sanitaria. Tutto ok, non c’è che dire.

 

E ora? Io continuo a chiedermi perché abbiamo ridotto il numero dei parlamentari con la logica del tanto al chilo. Uscendo un attimo dalla logica della lotta alla Casta e dal risparmio di un caffè al giorno che pare Tridico all’Inps se li sia già bevuti tutti in un sol sorso, l’unica risposta che provo a darmi è quella delle cosiddette riforme a step successivi.


Sulla necessaria modifica dei regolamenti parlamentari e sulla rimodulazione delle commissioni permanenti, un amico avvocato mi ha detto di stare tranquillo: ci stavano lavorando da anni, mi ha detto, è cosa fatta, attendevano solo il Sì. Ok, mi fido.


Passiamo allora dalla riforma costituzionale più semplice, cioè alla equiparazione dell’età dell’elettorato attivo di Camera e Senato, diciotto anni, già ampiamente instradata in Parlamento. Vabbè, fatta questa credo che cambi il giusto, cioè niente. Sì, forse non avremo più il Senato che tiene in scacco la Camera e il Governo come accaduto in passato. Ok, mi fido.


E poi? Tocca alla riforma sulla base elettorale del Senato. Con soli duecento senatori, la base regionale è da superare, dicono in molti. C’è un disegno di legge in via di instradamento, o qualcosa del genere. Ci fidiamo? Boh, non so.


Poi tocca al libro dei sogni, nell'ordine: i) la fiducia al Governo a Camere riunite ii) la sfiducia costruttiva, sempre a Camere riunite iii) la legge di bilancio e le manovre finanziarie, votate sempre a Camere riunite iv) i discorsi del Presidente del Consiglio prima degli appuntamenti europei, con voto del Parlamento, sempre a Camere riunite v) una differenziazione delle funzioni di Camera e Senato che riduca la famosa navetta e che affiderebbe solo al Senato le funzioni di indagine e le materie regionali. Insomma, in poche parole, il superamento del bicameralismo paritario. Sogno o son desto? Ci fidiamo? Magari! Ma se così fosse la risposta alla mia domanda troverebbe certo risposte compiute.


E la legge elettorale? Tutto rimandato, tanto si vota a fine Legislatura. Si faranno al volo i necessari aggiustamenti al Rosatellum, così nessun potrà dire che non si è pronti in caso di elezioni anticipate. Tra chi vuole il proporzionale e chi, come Luciano Violante, vorrebbe il ritorno del Mattarellum, io mi sa che sto col mio amico avvocato: "meno parlamentari, pensa che bello un doppio turno di collegio!" Lo faranno mai? No, non credo proprio; i partiti perderebbero troppo potere, non lo faranno mai. Forse la via di mezzo proposta da Violante, mah, chissà.


Riforme a step successivi e doppio turno di collegio? Credo che per tutto questo ci sia bisogno di un allineamento cosmico, di quelli che accadano tra i pianeti una volta ogni.


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