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  • Andrea Morzenti

Io voto No al tanto al chilo



In principio furono Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo con “La Casta”, era il 2 maggio 2007. L’ho comprato e letto pure io, certo; anzi, forse, me l'han regalato. “Così i politici italiani sono diventati intoccabili”, era il sottotitolo del libro.

Il Corriere ne ha sempre fatto una propria bandiera. I politici, brutti e cattivi, spesso ladruncoli e scalda poltrone, sono troppi e, appunto, intoccabili. Fanno solo malefatte, vanno tagliati e ridotti di numero. Nacque poi il Vaffa grillino, il Movimento 5 Stelle con l’uno vale uno e con le decisioni via one click su Rousseau della Casaleggio S.r.l.


La Casta fu, mio parere, l’origine di tutto. Arriverà il momento in cui avremo contezza dei guai causatici da Stella e Rizzo, ora - credo, temo -è ancora presto.

 

Ecco, immagino che entrambi, Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo, in coerenza voteranno un Sì convinto al referendum del 20 e 21 settembre. Per tagliare la Casta, ora non più intoccabile, e per risparmiare qualche denaro.


Attenzione però. Se vincesse il Sì, non passeremmo da 945 parlamentari a 600, come viene da molti sbandierato. Ma passeremmo dagli attuali 630 (Camera) + 315 (Senato) a 400 + 200. Avremmo sempre due Camere (e, se proprio vogliamo parlare di costi della politica, è questo doppione a farli lievitare) che continuerebbero a fare esattamente le stesse cose, l'una e l'altra.

E avremmo un Senato di 200 eletti in rappresentanza dell’Italia intera a poter decidere o bloccare qualsiasi cosa e, permettetemi, con un potere di ricatto nelle mani di ogni singolo senatore davvero significativo (come se il senatore Luigi Pallaro non ci avesse insegnato nulla). Insomma, poco più di un’assemblea di condominio con un enorme potere di veto.


Sul difetto di rappresentanza, intere Regioni rappresentate al Senato da uno o al più due partiti, su commissioni e regolamenti parlamenti inadatti e inadeguati, sull'enorme potere dei capi partito, sul blocco dell’attività parlamentare, sul peso aumentato a dismisura dei delegati regionali per l’elezione del Capo dello Stato, non entro neppure. In molti, certo molto più qualificati di me, ne hanno scritto, argomentato e discusso (consiglio la lettura del HuffPost diretto da Mattia Feltri).


Ma non era più semplice, mantenendo il numero dei 600 che tanto piace, farli sedere tutti in un’unica Camera superando finalmente l’unicum (e ridiculum) italico del bicameralismo perfetto (una volta si chiamava paritario, ma tant’è)?

Avremmo sì un risparmio economico (più significativo) e un taglio del numero dei parlamentari (così Stella e Rizzo, non li ho scordati, sarebbero pure contenti), ma, soprattutto ed è quel che conta, un miglior funzionamento delle nostre Istituzioni.

Invece no, pare che conti solo tagliare, un tanto al chilo, per far vedere al popolo quanto ora, a differenza di ieri, si è bravi; senza curarsi delle conseguenze.

E non ditemi, se vince il Sì, che i famosi correttivi arriveranno dopo. Perché i) non ci credo e ii) non sarebbero comunque sufficienti a superare il vulnus della rappresentanza, o rappresentatività che dir si voglia. E non parlatemi di legge elettorale che i) mi fa venir in mente il “combinato disposto” di bersaniana memoria e, quindi, un fastidioso mal di pancia e ii) non c’entra nulla, visto che è una legge ordinaria modificabile (e la storia ce lo insegna) col semplice cambiar di maggioranza parlamentare.


Ecco, forse l’avrete capito. Per quel che vale (uno) #IoVotoNo.


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