Allora, dai, bene.
Mercoledì 31 ottobre 2018, a mezzanotte in punto, finirà il regime transitorio previsto dalla legge di conversione del decreto dignità. È durato un’ora in più del previsto, a causa dell’ora solare (fonti ufficiose raccontano di un Di Maio risentito con il suo pari grado Salvini, “non era del contratto di governo!”, pare abbia detto il primo al secondo), ma, dal 1 novembre 2018, finalmente lavoratori e imprese avranno la dignità promessa loro, con decreto, dal governo gialloverde.
Le nuove disposizioni sui contratti a tempo determinato (sia diretti che in somministrazione) saranno definitivamente applicabili non solo ai contratti, ma anche ai rinnovi e alle proroghe. Dodici mesi di durata, e causali per tutti insomma. Dignità à gogo.
Per l’abolizione della povertà, annunciata dal balcone di Palazzo Chigi, c’è da attendere ancora un filo. Il reddito di cittadinanza sarà forse previsto in un disegno di legge collegato alla legge di bilancio. E solo così "Mario potrà finalmente sognare di ottenere uno stipendio e un lavoro sostenibili", grazie al piano del guru americano del Ministero del Lavoro.
Intanto avremo i) il condono fiscale ed edilizio, ii) una finta flat tax che potrebbe però spostare lavoro dipendente verso il lavoro autonomo e iii) la quota 100 per le pensioni. Quest’ultima misura, senza esagerare eh, varrà solo per un anno - il 2019 – e sarà, assieme al reddito di cittadinanza, forse solo nel collegato alla legge di bilancio.
Intanto al mitico premier Giuseppe Conte è stato dato l’incarico di dire che la TAP si farà (stesso copione visto con l’ILVA e chissà con la TAV), col povero Carlo Calenda a sgolarsi in ogni dove nel provare a spiegare la differenza tra (inesistente) penale nelle segrete carte e ordinario risarcimento danni per lucro cessante e danno emergente.
Queste le notizie dal fronte governativo, con un Matteo Salvini un attimo in rallentamento nella sua politica sulla immigrazione. Qualche tweet qua e là e un po’ di fischi presi a Roma.
E l’opposizione?
Partiamo da quella finta. Quella di Forza Italia, ormai ridotta al lumicino nei sondaggi e inglobata sempre più dalla Lega. Dopo il via libera a Marcello Foa alla Presidenza della RAI, si registra anche una convergenza sulla legittima difesa (“legge approvata al Senato, ora passa alla Camera”, classica frase dei nostri giornalisti parlamentari nel mitico - e unico al mondo - sistema italico del bicameralismo paritario).
La convergenza sulla legittima difesa c’è anche da parte di Fratelli d’Italia. E così il centrodestra si è ricompattato.
E la sinistra, e il centrosinistra?
Allora, partiamo da LEU non pervenuto, direi.
E (allora) il PD? Qui più che una linea, abbiamo dei battitori liberi. Nell'ordine: Matteo Renzi che fa la Leopolda - la numero nove - più frequentata di sempre, Carlo Calenda che porta il suo libro in un tour super affollato, Marco Minniti che si candida sì/si candida no, Nicola Zingaretti – candidato sì – che dice in una intervista al Corriere della Sera che i cinquestelle sono vittime della Lega, Maurizio Martina che organizza il #ForumPd che pare fatto apposta per dare di brutto al cattivo Renzi e un Paolo Gentiloni in una perfetta linea DC super partes.
Intanto l’autunno (per il sindacato sarà caldo anche se gialloverde?) è arrivato davvero. E lo sciopero dei mezzi pubblici del venerdì l’abbiamo avuto.
Dal fronte politico è tutto, passo e chiudo. La partita ora si è spostata e si gioca a Bruxelles e ahimè (pare, si dice, si mormora) pure a Mosca.