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  • Andrea Morzenti

La Commissione bilancio e il Paese dei balocchi


[il conduttore del carro]


Ormai va così. Da tempo, a onor del vero.


Il governo approva un decreto legge sostituendosi al parlamento (per l'amor del cielo, "ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza" costituzionalmente prevista), la commissione parlamentare competente per materia lo esamina e ne approva gli emendamenti, il decreto legge emendato va in aula, il governo presenta un maxiemendamento che recepisce gli emendamenti approvati in commissione su cui pone la fiducia, l’aula non discute nulla, dà la fiducia al governo, approva il maxiemendamento e trasmette all'altro ramo del parlamento che approva pari pari la legge di conversione.


Ecco il bi(cameralismo) paritario italico, cioè la totale esautorazione del parlamento dall'iter legislativo, interamente sostituito da i) governo e ii) commissione parlamentare che ha avuto la fortuna di essere “nominata” per iniziare (e concludere) l’esame dello specifico decreto legge.

Ricordate la proposta di far votare solo i capigruppo? O la riforma costituzionale bocciata nel 2016? Deriva autoritaria di stampo berlusconian-renziano, perseguimento delle idee di Licio Gelli e della P2, si diceva. Invece ora va bene a tutti? Perché i parlamentari il pulsante lo schiacciano, la mano la alzano o il sì/no per appello nominale lo dicono?

 

Sta andando esattamente così anche con la conversione in legge del decreto Rilancio.

Non proprio un decretino, ma un decreto da oltre 55 miliardi di euro. Governo approva, si inizia dalla Camera, commissione bilancio, venerdì 3 luglio la discussione è chiusa con l'approvazione degli ultimi emendamenti, sabato e domenica al mare, oggi (lunedì 6 luglio) testo in aula, in arrivo maxiemendamento con fiducia del governo, si vota, poi il testo va al Senato, il giorno dopo altra fiducia e così la legge è fatta.


Tra gli emendamenti approvati dalla commissione bilancio (quindi fortemente indiziato di finire nel maxiemendamento del governo e, di conseguenza, nella legge di conversione) si legge questo: Il termine [...] dei contratti di lavoro a tempo determinato, anche in regime di somministrazione, è prorogato di una durata pari al periodo di sospensione dell’attività lavorativa, prestata in forza dei medesimi contratti, in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da COVID-19”.


Non lo ha presentato il M5S, come potrebbe sembrare, ma il PD (Serracchiani & Co.). E Italia Viva (Marattin) scrive sui social: “appena usciti dalla commissione bilancio. Stanchi ma soddisfatti di aver portato avanti con forze le nostre proposte per rilanciare il paese”.


Avevo abbozzato un primo tentativo di analisi tecnica della norma (prorogato di una misura pari? periodo di sospensione dell'attività lavorativa? e se i datori di lavoro non hanno attività cui adibire i lavoratori? chi paga? e la causale? e la durata massima?), poi ho cancellato tutto quanto. È prevalso lo scoraggiamento misto alla stanchezza nel leggere e interpretare norme sempre più incomprensibili.


Alla fine (ma pure all'inizio) mi sono detto “ma questi sono fuori”.

Siamo nel solco della cassa integrazione per tutti e per sempre (l’idea deriva dal Reddito di cittadinanza, va da sé) e del blocco reiterato dei licenziamenti (fino a quando non si sa). Ecco, ora i contratti a tempo determinato (anche in regime di somministrazione, questa volta si sono ricordati bene di scriverlo) a proroga automatica.


Il pensiero è così corso subito al Paese dei balocchi, “una vera cuccagna, […] in mezzo ai continui spassi e agli svariati divertimenti, le ore, i giorni, le settimane passavano come tanti baleni” (cit. Carlo Collodi, Pinocchio).

Ricordate come finisce? Che Pinocchio, Lucignolo e tutti gli altri diventano dei bellissimi ciuchini.




["E il conduttore del carro?

Figuratevi un omino più largo che lungo, tenero e untuoso come una palla di burro, con un visino di melarosa, una bocchina che rideva sempre e una voce sottile e carezzevole, come quella d’un gatto, che si raccomanda al buon cuore della padrona di casa."]

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